Amavo la fotografia e volevo conoscere i grandi fotografi, fare domande, vederli lavorare. L’unico modo era intervistarli per conto di una rivista. Ci sono riuscito e ho scoperto il piacere di scrivere. Sono quindi state le immagini a farmi amare la scrittura.
Fare il copywriter mi è sembrata una strada naturale. Era un periodo effervescente: le agenzie si sfidavano a colpi di creatività e io arricchivo il mio scrivere di nuovi strumenti per promuovere marche e prodotti, introducendo anche ironia e comicità senza alcun pudore (ho scritto per dieci anni la pubblicità di Smemoranda).
Lavoravo felice come giornalista e copywriter quando nel 1990 la curiosità per i “new media” mi ha portato negli Stati Uniti. Mi ero messo in mente di presentare un progetto per il primo ricettario digitale interattivo mondiale (ricette di pasta of course). Incredibilmente l’American Interactive Media lo approvò, lo finanziò e cominciammo a lavorare su qualcosa di cui non c’erano esempi. Si inventava. E le novità sfornate si consumavano ancora calde.
Mi sono portato a casa un’esperienza pratica nell’organizzazione dei contenuti digitali e le basi di una disciplina che avrebbe preso il nome di Architettura dell’Informazione. Il web fu l’evoluzione di quel mondo e io c’ero dentro.
Le mie attività nella comunicazione “classica” e in quella digitale erano sentieri paralleli che alla fine si sono incontrati per aiutare enti e aziende a muoversi nella complessità dei nuovi territori dove il confine fra fisico e digitale si confonde.
Seguivo bei progetti in diversi settori e con diversi media, quando è arrivata una proposta inattesa e una parentesi di 6 anni come responsabile della Comunicazione dell’Università degli Studi di Milano. Un’esperienza complessa e appassionante dove tutto ciò che avevo imparato è stato messo a frutto per costruire la nuova comunicazione dell’Ateneo.
C’è da dire ancora di un’attività che amo molto: scrivere biografie e raccontare storie aziendali, spesso in occasione di grandi anniversari come i 75 anni di GSK, i 100 di Saiwa e di Mondadori, i 125 di Coca-Cola o i 200 del Gruppo Larderello. Ci lavoro con piacere e con cura perché sono storie che muovono le emozioni e rendono memorabili le persone e le marche.
Molta strada, molte esperienze per aiutare le persone e le imprese a comunicare meglio.